È noto che le nostre risorse, a livello Mondo, non sono infinite né tanto meno possiamo attingere da nuovi e sconosciuti giacimenti al di fuori dei nostri territori terresti (questo almeno oggi).
Ciò ha una implicazione molto semplice: bisogna cercare di riutilizzare quello che abbiamo a disposizione
È un concetto quasi ovvio nella teoria, ma che nella pratica ha fondamentali impedimenti che rallentano il suo processo di radicalizzazione nelle abitudini delle persone.
Su questo tema l’Europa, proprio lo scorso anno, ha puntato dei paletti molto forti (Green Deal) per i prossimi anni circa la necessità di passare da una Economia Lineare ad una prettamente CIRCOLARE.
L’Economia Lineare, che fin ora abbiamo adottato, poggia il proprio processo su 5 pilastri semplici:
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Progettazione
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Produzione
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Distribuzione
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Consumo
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Creazione di rifiuti
Esce un nuovo telefono? Buttiamo il vecchio. La lavatrice si rompe? Ne compriamo un’altra. E così via. Ogni volta che lo facciamo intacchiamo le nostre risorse producendo rifiuti. Tutto questo, come detto in precedenza, non funzionerà ancora per molto.
Se accettiamo che il sistema ciclico della natura funziona (i rifiuti di una specie diventano il nutrimento di altre) possiamo cambiare il nostro modo di pensare adottando un’Economia Circolare. Essa poggia invece su 5 pilastri simili ma sostanzialmente differenti:
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Progettazione (Sostenibile)
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Produzione (Sostenibile)
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Distribuzione (Sostenibile)
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Consumo
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Riciclo
Vediamo quindi che la sostenibilità è alla base dei primi tre pilastri e che il riciclo è la chiave per creare un sistema chiuso e autoproducente.
Ma come possono i nostri rifiuti creare capitale anziché ridurlo? Ripensando e riprogettando i prodotti, i componenti e l’imballaggio con cui questi vengono commercializzati. Si possono creare materiali sicuri e compostabili che aiutino le coltivazioni.
Stiamo parlando, quindi, di un altro modello di pensiero, un modo di riutilizzare i metalli preziosi, i polimeri e le leghe affinché mantengano le loro qualità e continuino ad essere utili anche dopo la breve vita del singolo prodotto. Al posto della cultura del “getta e sostituisci”, l’Economia Circolare tenta di creare una cultura sul “ricicla e rinnova”, dove i prodotti e i componenti sono progettati per essere smantellati e rigenerati.
Immaginiamo di ripensare il nostro modo di vedere la proprietà: e se non fossimo noi i proprietari delle tecnologie? Semplicemente i produttori potrebbero concederne l’uso attraverso una licenza. Unendo questa idea al fatto di creare prodotti smantellabili in ogni singolo componente e unendo una distribuzione che sia alimentata da energia rinnovabili, ecco un modello che porterebbe una durevole prosperità.
La buona notizia è che ci sono già aziende che hanno cominciato ad adottare questo tipo di produzione, posizionando l’Italia al primo posto in Europa per l’indice di utilizzo di Economia Circolare; e anche la politica si sta adeguando a questo scenario, con la creazione da parte del nuovo Governo Draghi del Ministero della Transizione Ecologica (già utilizzato da altre Nazioni), nuovo punto di riferimento per nuove spinte di crescita al nuovo paradigma.
Tuttavia, l’Economia Circolare non è un produttore che cambia un prodotto, ma si tratta di tutte le aziende interconnesse e dell’economia che si uniscono insieme. Si tratta dell’energia, di ripensare il sistema operativo stesso.
Entro il 2050 il Mondo consumerà risorse pari ad almeno tre pianeti e contestualmente la produzione annuale dei rifiuti aumenterà del 70% se non cambiamo le nostre priorità e il nostro modo di vivere.
Abbiamo la fantastica opportunità di aprirci a nuove prospettive e a nuovi orizzonti anziché rimanere intrappolati nella frustrazione del presente: con creatività e innovazione possiamo davvero ripensare e riprogettare il nostro futuro.