Il forte sviluppo nell’Intelligenza Artificiale (IA) a cui stiamo assistendo si appresta a cambiare sempre di più il nostro stile di vita e la nostra economia, compreso il mondo del lavoro.
Si prevede che il mercato globale dell’IA raggiungerà un valore di 309,6 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita di circa il 40% tra il 2021 e il 2026. Anche il mercato italiano appare in forte crescita, avendo raggiunto i 500 milioni di euro nel 2022, con una crescita del 32% rispetto all’anno precedente (Fonte: ilsole24ore.com). Inoltre, ben 1 impresa su 3 avrebbe messo a budget un investimento significativo in IA nel corso del 2023, soprattutto grandi aziende, sebbene anche le PMI stiano iniziando ad intravedere del potenziale in questa tecnologia (Fonte: ilsole24ore.com).
Ma questa forte crescita non appare sicuramente senza rischi; in particolare, in questo articolo ci focalizzeremo sui rischi pendenti sull’occupazione e su alcune specifiche categorie di lavoratori.
L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale infatti può mettere a rischio diversi lavori e professioni che verranno automatizzati. Oggi la percentuale di attività già a rischio a livello globale a causa delle IA varia tra il 5% e il 19%, mentre per il 2030 si stima che passerà tra il 30% e il 57%: infatti questo studio del Parlamento Europeo calcola che il 14% dei posti di lavoro nei paesi dell’OCSE sono automatizzabili, mentre un altro 32% potrebbe affrontare cambiamenti profondi.
Solo in Italia, secondo Confartigianato, sono 8,4 milioni i lavoratori a rischio.
Fra le tante professioni che verranno impattate dallo sviluppo dell’IA, in positivo o in negativo, alcune tipologie di lavori appaiono molto più sensibili alla possibilità di venire sostituiti dalle nuove tecnologie di IA in un lasso di tempo relativamente breve, portando quindi come conseguenza un rischio particolarmente significativo di ondate di licenziamenti e conseguente disoccupazione per un elevato numero di persone, appartenenti a categorie di lavoratori che vedranno una sempre maggior precarietà lavorativa nel prossimo futuro.
Le occupazioni più esposte sono:
- Quelle con una quota significativa di compiti che possono essere automatizzati, come il funzionamento di attrezzature tecniche specializzate o attività di routine o non autonome.
- Quelle che fanno poco affidamento sulla comunicazione, sulla collaborazione, sul pensiero critico e sulle capacità di servizio al cliente.
- Il rischio di automazione è ulteriormente accentuato nelle occupazioni in cui i dipendenti segnalano uno scarso accesso alla formazione professionale che potrebbe aiutarli ad affrontare i cambiamenti del mercato del lavoro; infatti, è noto che la formazione professionale continua e lo sviluppo di competenze professionali specifiche forniscono una maggiore capacità di adattarsi ai cambiamenti del mondo del lavoro e raggiungere posizioni meglio retribuite, meno a rischio.
Le prime occupazioni per rischio di sostituzione da parte di Intelligenze Artificiali appartengono di conseguenza ai settori tecnologici, in particolare: programmatori e sviluppatori web, ingegneri di software, analisti di dati, analisti di mercato ed operatori del servizio clienti.
È facile, infatti, immaginare come un’applicazione d’IA possa sottrarre il lavoro a un programmatore, un analista o un addetto all’assistenza clienti. Le IA appaiono infatti estremamente efficienti nel produrre in modo quasi istantaneo le linee di codice necessarie per un programma con zero errori, oltre che elaborare analisi di mercato in poco tempo e capaci di tenere in considerazione tutte le informazioni disponibili in modo razionale. Anche occupazioni relazionali come il servizio clienti o il servizio vendite risultano però fra le più minacciate dalle nuove tecnologie, siccome si tratta di lavori comunque ripetitivi dove le nuove IA, capaci di essere impostate per interpretare correttamente le necessità dei clienti, sono in grado di sostituire con efficienza molti impiegati.
La successiva classe di lavori che appare più a rischio riguarda le professioni manuali ed operative di tipo industriale, dotate di una certa ripetitività nell’attività di base.
In campi come produzione, assemblaggio e controlli tecnici, unendo le moderne IA al software dei più avanzati macchinari di fabbrica, questi ultimi si apprestano a sostituire il lavoro di molti operai, tecnici ed addetti, permettendo un risparmio di manodopera.
Va sottolineato, tuttavia, che anche molti lavori creativi risultano a rischio.
Infatti, la nuova generazione di strumenti d’intelligenza artificiale, applicazioni capaci di creare testi, immagini, tabelle e codici di programmazione complessi (o addirittura personaggi d’immaginazione, film o libri) ma anche di elaborare, confrontare e predisporre dati, attraverso una semplice indicazione testuale (un prompt), mette in discussione per la prima volta in modo massivo i lavori d’ufficio e in particolar modo quelli che richiedono maggiori capacità cognitive e creatività, che prima apparivano come posizioni lavorative relativamente stabili. Le nuove IA invece sono in grado di imparare ad una velocità impressionante e di diventare sempre più abili (e di conseguenza sempre più impiegate) anche nei lavori creativi, ponendo a forte rischio anche le categorie di lavoratori che basano il proprio operato proprio su fantasia, immaginazione ed ingegno, prerogative che prima si pensava fossero esclusive dell’essere umano.
In questo modo, si spiega il forte rischio di instabilità a cui vanno incontro professioni come il copywriter, l’addetto stampa, il giornalista o il graphic designer.
La progressiva e sempre più rapida crescita nelle Intelligenze Artificiali e nelle sottostanti tecnologie mette sicuramente a rischio il posto di molte categorie di lavoratori, sebbene sia chiaro che questo sviluppo presenti un notevole potenziale in termini di aumento significativo della produttività ed efficienza di molti altri lavori già esistenti, con un effetto importante di aumento del reddito prodotto a livello nazionale.
Risulta pertanto necessario – per non dire “estremamente necessario” – che i Governi di tutto il mondo attuino le corrette politiche (ad esempio con programmi di riaddestramento e tutela sociale e finanziaria alle classi di lavoratori più a rischio) ed impongano la necessaria regolamentazione per far sì che il bilancio netto dell’impatto della transizione verso le IA sul mondo del lavoro e sulla collettività sia positivo.
Appare infatti impossibile ed oltretutto non corretto, cercare di tornare indietro ed ostacolare lo sviluppo di una tecnologia che effettivamente sarà sempre più utile per la crescita economica e scientifica a livello globale; il punto è regolare e controllare queste IA – per la maggior parte create da aziende private – per assicurare che si sviluppino in modo compatibile con la necessità di preservare il benessere e la qualità della vita di milioni di lavoratori.
Alessandro Cottafavi – Studio Grimaldi